domenica 22 settembre 2019

Storie



Le persone hanno bisogno di una storia.

Bella o brutta non importa.

Una storia da raccontare agli amici al bar, o una di quelle che dici al professore per “tirarti fuori dai guai”.
Di qualsiasi tipo siano le storie, se ci sentiamo smarriti, vuoti e soli, o quando siamo incommensurabilmente felici, è lì che andiamo: in una storia.
Le storie che abbiamo inventato sono le stesse che hanno creato noi. Racconti mitologici sulla nascita del mondo. Il romanzo che ho letto la settimana scorsa. I racconti e le testimonianze di ciò che è stato.
Ci sono personaggi delle storie che ci stanno a cuore. Gioiamo e piangiamo con loro. Ci affezioniamo, sentiamo la loro mancanza quando la storia finisce, o quando da essa vengono brutalmente strappati. Personaggi di carta e inchiostro, digitali o di celluloide, ma anche di carne e sangue.
Noi inventiamo le storie, ma le storie creano noi. Siamo dentro di esse, le viviamo. Siamo noi stessi dei personaggi. Forse qualcuno in questo momento sta leggendo un libro o guardando un film che parla di noi. Forse c’è qualcuno che gioisce e piange con noi, che ci si è affezionato e a cui mancheremo, alla fine di tutto. Per qualcuno questo può essere di consolazione: sapere che c’è qualcuno, lì fuori, a fare il tifo per noi mentre legge la nostra storia.

Le persone hanno bisogno di storie. Persino gli oggetti ne hanno una.
Una volta ho letto di un ragazzo a cui gli oggetti raccontavano la loro storia. Lui se ne stava lì, seduto in silenzio, con l’oggetto tra le braccia e ascoltava.
Quanta strada avevano percorso quelle scarpe! Quanti posti meravigliosi avevano visto, e quante avventure vissuto! E quell’ombrello! Caro mio, di pioggia ne aveva presa tanta, e quanta neve e vento!
E così, il ragazzo seduto davanti al camino ascoltava e ascoltava le storie degli oggetti, e più ascoltava più diventava ricco, ché la vera ricchezza non è data dall’oro o dal possedere beni materiali, ma dall’avere qualcosa da raccontare, da trasmettere.

Le persone hanno bisogno di storie, perché esse sono il segreto dell’immortalità.
Mia nonna non c’è più, la sua storia è finita, ma mia madre me l’ha raccontata e io l’ho raccontata ad altre persone, e così lei è diventata immortale e vola nel vento insieme alle parole.
Un giorno qualcuno racconterà la mia storia, quella del ragazzo che ascoltava gli oggetti, quella della principessa rinchiusa nella torre e tutte le altre storie del mondo.
E allora anche noi, protagonisti di queste storie, saremo immortali e voleremo nel vento trasportati dalle parole.



domenica 16 dicembre 2018

Le origini del Natale


Come sappiamo il Natale è una festa cristiana che celebra simbolicamente la nascita di Gesù.
Ma perché è stato scelto proprio il 25 dicembre? E quali sono le vere origini del Natale?
Per rispondere a queste domande sono state proposte varie ipotesi. Certo è che la festa sia nata da una mescolanza e confluenza di varie tradizioni precedenti a quella cristiana.



Nella tradizione celtica e germanica si celebrava il solstizio d’inverno, Yule, di cui però non si sa molto, eccetto che si trattava di un periodo di riposo e di danze. Oggi Yule viene festeggiato nella Wicca – recente movimento religioso neopagano – il 21 dicembre. Secondo alcune correnti si commemora la morte del “Re Agrifoglio” (simbolo dell’anno vecchio e del sole in declino) ad opera del suo successore, il “Re Quercia” (l’anno nuovo e il sole nascente); secondo altre correnti si celebra la nascita del nuovo dio Sole bambino.
Nell’antica Roma si festeggiavano i Saturnali, celebrazioni in onore del dio Saturno, dio dell’agricoltura, durante i quali ci si scambiava doni per augurare pace e prosperità.
Nel tardo impero romano, grazie all’imperatore Aureliano, furono sovrapposte ai Saturnali le celebrazioni in onore del Sol Invictus, la festa del Dies Natalis Solis Invicti (Giorno di nascita del Sole Invitto). Il culto del Sol Invictus restò in auge fino all’editto di Tessalonica di Teodosio del 380 d.C., in cui l’imperatore proclamò il cristianesimo unica religione di Stato bandendo le altre.
Quest’ultima festa risulta davvero importante per rispondere alle due domande iniziali.
Già verso il 200 d.C., più di un secolo prima dell’editto di Teodosio, i cristiani d’oriente celebravano la nascita di Gesù il 6 gennaio, successivamente si registra uno spostamento della data al 25 dicembre, dovuto ad alcuni fattori: la corrispondenza delle date, la grande diffusione della devozione al Sol Invictus, il fatto che la festa cristiana prenda forma proprio durante tale diffusione e il propagarsi di analogie tra il sole, la luce e la figura di Cristo negli scritti dei Padri della Chiesa.
Nonostante l’introduzione del Natale cristiano, i culti e le tradizioni pagane non scomparvero immediatamente, anzi alcune di esse, come ho detto in precedenza, sono in parte sopravvissute fino ai giorni nostri. C’è da considerare, comunque, il fatto che il Natale costituisca l’esempio più significativo di come una tradizione pagana sia stata assorbita dal cristianesimo assumendo un altro significato.

E voi che ne pensate? Conoscevate già le origini precristiane del Natale? Io no, e mi sono divertita tantissimo a fare ricerche e ad indagare!

A presto!

Sitografia:

domenica 2 dicembre 2018

Dicembre



Dicembre ha il gusto di neve sui tetti;
Di nuovi inizi, sogni, desideri inespressi.
È coperto da un morbido manto bianco,
Pieno di stelle colorate luccicanti.
Ha quell'aria gelida che ti solletica le guance e ti pizzica il naso.
Profuma di dolce e speziato,
Come quei biscotti alla cannella che mi piacciono tanto.
Ha il suono di canzoni e mille risate.
Dicembre, dicembre,
Finalmente sei arrivato.
Ti aspettavo.

mercoledì 13 giugno 2018

Domani.

Magari domani sarà diverso.
Vivremo in un posto che potremo chiamare "casa", apparterremo a quel luogo e il ragazzo che lavora al bar ci saluterà incontrandoci per strada.
Avremo un lavoro che ci rende felici, nonostante tutto, nonostante la sveglia all'alba e la stanchezza a fine giornata.
Avremo degli amici e dei colleghi da invitare a pranzo e a cena nei fine settimana.
Avremo l'amore, i sorrisi e le risate e a volte anche qualche lacrima perché, si sa, nel mondo esiste anche il dolore.
Saremo felici e realizzati e riusciremo a fare tutto quello che ci prefiggiamo di fare, con coraggio, senza arrenderci di fronte alle difficoltà.
Crederemo in noi stessi.
Magari domani il vento spazzerà via le nuvole e il sole tornerà a splendere.
Domani.
Magari domani sarà diverso.

domenica 13 maggio 2018

La festa della mamma

In occasione della festa della mamma ho deciso di raccontarvi, brevemente, la storia di questa ricorrenza.
Spero di non annoiarvi troppo!




La festa della mamma è una delle feste dedicate alla famiglia, le altre due sono la festa del papà e la festa dei nonni, ed è la più sentita delle tre.
Il fatto che si sia diffusa in contesti in cui il cristianesimo è la religione dominante può dar pensare che si riferisca al culto mariano. In realtà non è così: si sviluppa in maniera del tutto autonoma dalla religione.
Nasce negli Stati Uniti nel 1908 in West Virginia, grazie Anna Jarvis, che dopo la morte della madre, alla quale era molto legata, comincia a inviare lettere a diversi ministri e membri del Congresso affinché venisse istituita una festa nazionale dedicata a tutte le mamme.

Motivazioni del successo e dello sviluppo di questa ricorrenza è possibile trovarle in 3 alleati in particolare: nei conservatori, che vedevano nella festa una celebrazione del ruolo che le madri dovevano ricoprire nella società; nei gruppi di sostenitori di diritti delle donne, i quali la consideravano un modo per confermare l'importanza del genere femminile; e infine nella comunità di medici e addetti ai reparti di maternità.
Ma la vera ragione per cui si impone è un'altra: la festa della mamma promuove un certo tipo di donna americana, tutta dedita alla famiglia.



In Italia si impone negli anni '50 su modello americano grazie soprattutto a Giacomo Pallanca, esportatore in tutto il mondo di piante e fiori, il quale nel 1955, durante il Chelsea Flower Show, una delle fiere del settore, viene a conoscenza del Mother's Day e decide di importarlo in Italia. Qui la festa della mamma viene organizzata per la prima volta a Bordighera nella seconda domenica di maggio del 1956 – ancora oggi noi la festeggiamo la seconda domenica di maggio.
Uno dei motivi di maggior successo della festa in Italia è il fascino che esercita su di noi tutto ciò che proviene dalla cultura americana.

Tuttavia la festa della mamma è anche oggetto di critiche.
Esse insistono soprattutto su due punti: la mancanza di riferimenti alla tradizione, perché ha carattere recente, è il risultato della rielaborazione di modelli americani e non presentano alcuna connessione alla religione; e la natura consumistica, infatti ha un forte impatto sul commercio (cioccolatini, fiori, ecc.).

E voi che ne pensate?
Festeggiate la festa della mamma o siete d'accordo con i suoi detrattori?
Fatemelo sapere in un commento qui sotto!

A presto!






Bibliografia:
La festa, Natale Spineto

lunedì 6 novembre 2017

Pensieri...

 Spesso ci si lascia assorbire dalle cose negative della vita e ci si dimentica delle note positive.
Dovrei imparare ad apprezzare di più la felicità che ogni giorno mi viene concessa, quei piccoli momenti fatti di spensieratezza, di semplicità, senza artifici o ricchezze materiali.
Quei momenti in cui si chiacchiera e si sta insieme senza dover controllare ogni cinque minuti il cellulare, o bevendo una cioccolata calda in cucina con le amiche, o in cui si sta semplicememnte seduti sul divano a leggere un libro.
Vorrei essere capace di apprezzare un piccolo dettaglio, come un sorriso, il sole dopo giorni di pioggia incessante, il rumore del mare quando si infrange sugli scogli, il vento quando trasporta con sé il profumo dei fiori, o l'odore intenso della terra quando sta per piovere.
Vorrei essere una ragazza-dettaglio, capace di scorgere questi piccoli momenti di luce in un mondo che spesso sembra avvolto dall'oscurità.

martedì 23 maggio 2017

Heart attack!


 Stamattina, come tutte le mattine, appena mi sono svegliata ho aperto l'app di Facebook dal mio smartphone.
Stamattina, come tutte le mattine, scrollavo distrattamente i post più o meno stupidi della mia Home, ancora mezza assonnata.
Sembrava una mattina come tutte le altre, stamattina.
Ma poi sono incappata nella notizia dell'attacco terroristico, da parte di un kamikaze, al concerto di Ariana Grande a Manchester.
Ora, qui non voglio parlare di morti e feriti - ce ne sono e purtroppo aumenteranno col passare delle ore - ma una cosa vorrei dirla.
Personalmente non seguo molto Ariana Grande, né mi piacciono molte sue canzoni, giusto qualcuna. In ogni caso, quando ho letto quella notizia, sono rimasta molto turbata.
Innanzi tutto perché è stato colpito un luogo in cui erano riuniti tantissimi giovani e giovanissimi (come me!) accumunati dalla stessa passione: ragazzi e ragazze, bambini, adulti erano tutti lì per stare insieme, cantare le canzoni del loro idolo e tornare a casa felici. Invece non è stato possibile, perché appena Ariana ha finito di esibirsi, l'inferno è iniziato e molte di quelle persone non torneranno più a casa. Altre vi faranno sì ritorno, ma spezzati.
L'altra ragione per cui sono rimasta turbata è la mia quasi totale indifferenza verso la notizia, come se mi stessi abituando a sentire, leggere questi avvenimenti gravissimi. E allora quello che mi chiedo è: non stiamo facendo vincere il male assuefacendoci alla sua violenza?
Non stiamo facendo vincere il male quando, invece di uscire, andare al cinema, a teatro, a un concerto o a vedere lo sport che ci piace, scegliamo di rimanere a casa per paura che i prossimi potremmo essere noi?