martedì 23 maggio 2017

Heart attack!


 Stamattina, come tutte le mattine, appena mi sono svegliata ho aperto l'app di Facebook dal mio smartphone.
Stamattina, come tutte le mattine, scrollavo distrattamente i post più o meno stupidi della mia Home, ancora mezza assonnata.
Sembrava una mattina come tutte le altre, stamattina.
Ma poi sono incappata nella notizia dell'attacco terroristico, da parte di un kamikaze, al concerto di Ariana Grande a Manchester.
Ora, qui non voglio parlare di morti e feriti - ce ne sono e purtroppo aumenteranno col passare delle ore - ma una cosa vorrei dirla.
Personalmente non seguo molto Ariana Grande, né mi piacciono molte sue canzoni, giusto qualcuna. In ogni caso, quando ho letto quella notizia, sono rimasta molto turbata.
Innanzi tutto perché è stato colpito un luogo in cui erano riuniti tantissimi giovani e giovanissimi (come me!) accumunati dalla stessa passione: ragazzi e ragazze, bambini, adulti erano tutti lì per stare insieme, cantare le canzoni del loro idolo e tornare a casa felici. Invece non è stato possibile, perché appena Ariana ha finito di esibirsi, l'inferno è iniziato e molte di quelle persone non torneranno più a casa. Altre vi faranno sì ritorno, ma spezzati.
L'altra ragione per cui sono rimasta turbata è la mia quasi totale indifferenza verso la notizia, come se mi stessi abituando a sentire, leggere questi avvenimenti gravissimi. E allora quello che mi chiedo è: non stiamo facendo vincere il male assuefacendoci alla sua violenza?
Non stiamo facendo vincere il male quando, invece di uscire, andare al cinema, a teatro, a un concerto o a vedere lo sport che ci piace, scegliamo di rimanere a casa per paura che i prossimi potremmo essere noi? 

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